VICO EQUENSE 25 NOVEMBRE 2021
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Il 25 novembre scorso la Dott.ssa Federica Gregori di ATSC è intervenuta al Consiglio Nazionale UGL Terziario per parlare di disparità di genere, sottolineando come le ragioni del gender gap esistente nella categoria degli agenti di commercio – costituita per il solo 13% da donne- siano diverse ma riconducibili ad un unico nucleo: in questa professione più che in altre pesa il retaggio culturale. I dati di tutti giorni ci mostrano come, a parità di mansione, le donne percepiscano un salario nettamente inferiore agli uomini, nonostante dimostrino nel percorso formativo universitario migliori risultati conseguiti in minor tempo rispetto ai colleghi uomini. Il sistema di Welfare nel suo complesso, inoltre, non sostiene adeguatamente le madri lavoratrici le quali, sentendosi responsabili della cura della famiglia, si trovano ad un bivio che le porta inevitabilmente ad abbandonare il lavoro per dedicarsi alla famiglia.
Altra considerazione: gli organi di vertice della Cassa Previdenziale degli agenti sono sempre stati composti da uomini da 50 anni in su. All’interno del CDA eletto nel 2016 non c’è un nominativo femminile. Tale componente fa sì che il problema di genere nemmeno si ponga: se non si conosce una realtà, non si può affrontarla né tantomeno risolverla.
La questione è complessa e delicata. Raggiungere il 50% della componente femminile nell’attività dell’agente di commercio è, senza dubbio, un’utopia che, però, può spingerci ad attivare politiche in grado quantomeno di incidere, pur se in maniera non completamente esaustiva, sul problema. Un win-win non solo per il genere femminile, ma anche per l’intero Paese poiché, come stimato dalla Banca d’Italia, se il tasso di occupazione femminile arrivasse al 60%, il PIL crescerebbe di circa 7 punti percentuali.
Ufficio stampa ATSC
01/12/2021
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Il 25 novembre scorso la Dott.ssa Federica Gregori di ATSC è intervenuta al Consiglio Nazionale UGL Terziario per parlare di disparità di genere, sottolineando come le ragioni del gender gap esistente nella categoria degli agenti di commercio – costituita per il solo 13% da donne- siano diverse ma riconducibili ad un unico nucleo: in questa professione più che in altre pesa il retaggio culturale. I dati di tutti giorni ci mostrano come, a parità di mansione, le donne percepiscano un salario nettamente inferiore agli uomini, nonostante dimostrino nel percorso formativo universitario migliori risultati conseguiti in minor tempo rispetto ai colleghi uomini. Il sistema di Welfare nel suo complesso, inoltre, non sostiene adeguatamente le madri lavoratrici le quali, sentendosi responsabili della cura della famiglia, si trovano ad un bivio che le porta inevitabilmente ad abbandonare il lavoro per dedicarsi alla famiglia.
Altra considerazione: gli organi di vertice della Cassa Previdenziale degli agenti sono sempre stati composti da uomini da 50 anni in su. All’interno del CDA eletto nel 2016 non c’è un nominativo femminile. Tale componente fa sì che il problema di genere nemmeno si ponga: se non si conosce una realtà, non si può affrontarla né tantomeno risolverla.
La questione è complessa e delicata. Raggiungere il 50% della componente femminile nell’attività dell’agente di commercio è, senza dubbio, un’utopia che, però, può spingerci ad attivare politiche in grado quantomeno di incidere, pur se in maniera non completamente esaustiva, sul problema. Un win-win non solo per il genere femminile, ma anche per l’intero Paese poiché, come stimato dalla Banca d’Italia, se il tasso di occupazione femminile arrivasse al 60%, il PIL crescerebbe di circa 7 punti percentuali.
Ufficio stampa ATSC
01/12/2021